Il Municipio VI è, come i lettori di questo giornale sapranno, uno dei due più estesi e maggiormente popolosi dell’intera Capitale. Non è questa la sede per definire i confini di una circoscrizione decisamente “grande”, per utilizzare un termine riduttivo, ci limiteremo a ribadire che, oltre al primato dell’estensione geografica e della densità abitativa, il VI (ex VIII) possiede svariati e infelici primati. La maggiore vulnerabilità sociale, stando al rapporto di Caritas Roma del 2019, è “contesa” tra il II e il VI municipio: «Per dare un’idea della gravità delle condizioni e della numerosità dei bisogni delle persone è sufficiente notare che – si legge nel rapporto – nel 2016 gli interventi sociali sono stati 70.000 solo nel quadrante Est. Se a questi dati si vanno a sommare quelli relativi ai redditi medi dichiarati per Municipio si nota con facilità quanto quelli in cui si registrano i valori monetari più bassi vadano a sovrapporsi alle aree con gli indici di disagio sociale e materiale più elevati. Lo scarto tra i Municipi VI e II ad esempio è di circa 23.000 euro. Quindi si deve sottolineare l’inanellamento ancora radicato tra reddito, disagio/vulnerabilità e territorio che evidentemente le politiche di welfare non riescono a depotenziare».
Qualora esistessero reali politiche di welfare e assistenza sociale, verrebbe da dire.
Il coronavirus, la pandemia, ha interpretato un ruolo ancor più nefasto per il municipio con la maggiore vulnerabilità e indicatori elevatissimi di disagio sociale, in cui le diseguaglianze crescono e si acuiscono sempre di più.
Abbiamo provato a fare il punto della situazione con il Vice presidente della commissione servizi sociali del municipio, Gianfranco Gasparutto, in quota Partito democratico.
Buoni pasto: 27.500 domande presentate, solo 9.000 accettate
Per dare un’idea di quanto il municipio sia stato sotto pressione in questa fase, Gasparutto ricorda: «Le domande per i cosiddetti buoni pasto sono state elevatissime, basti pensare che il 15% delle richieste di tutta la città di Roma sono state concentrate nel nostro municipio. In termini numerici: ne sono arrivate oltre 27mila (27.500). Se si prova a fare un rapido calcolo, approssimando il numero di residenti del VI municipio a circa 270.000, tenendo conto che la richiesta la si poteva presentare per nucleo familiare, siamo di fronte a 1 famiglia su 10 che chiede il “bonus” per mangiare. È un dato davvero enorme e impressionante».
Il municipio, però, non è stato all’altezza della situazione: «nonostante l’impegno del Presidente e della commissione, il municipio è mancato: non abbiamo mai avuto il polso vero della situazione. So che il Presidente Romanella in più di qualche circostanza si è trovato a dover scrivere all’assessore Veronica Mammì (assessore alla “persona, scuola e comunità solidale” di Roma Capitale)».
Ad ogni modo, le domande presentate e ricevute dagli uffici, a cui va il plauso del consigliere «per aver lavorato giorno e notte, senza orari e soprattutto anche nei festivi per far sì che venissero evase più richieste possibili», sono state circa 9.000: «di tutte le domande presentate dalle persone e ricevute dagli uffici ne sono state validate circa 10.000. Dopodiché il municipio le ha spedite al dipartimento del Comune da cui, successivamente, ne sono state scartate 750 per irregolarità e circa 9.000 sono state effettivamente erogate. Il quotidiano «Repubblica» nei giorni scorsi riportava il numero di 8.750 domande: numeri in più o in meno, quella è la cifra».
Vicolo cieco
Certo è che le contraddizioni già presenti nel nostro territorio, che lambisce l’Alessandrino e si insinua fin dentro Gallicano nel Lazio, sono emerse e scoppiate a causa della pandemia che abbiamo imparato a conoscere nel corso di questi mesi.
La commissione, ad ogni modo, non è riuscita a dare risposte nel corso di questi anni di consiliatura, secondo Gasparutto: «Ci eravamo mossi su tre temi: sull’autismo, andando a proporre una marcia per l’autismo, cercando di mettere in rete scuole e teatro, ma poi è saltato tutto a causa del Covid; il secondo punto è la risoluzione del problema della scuola di Via Berneri, ma bisognerà aspettare l’assestamento di bilancio a luglio, questione che sarà sicuramente completata dalla consiliatura successiva. Il terzo, ancora, riguardava la gestione degli Sprar alternativa e che puntava all’inclusione, ma anche lì non c’è stato più seguito. Inoltre, ci sarà anche la fine, da qui in avanti, dei centri anziani come erano intesi precedentemente: si è passati, come al solito, da un’estremo all’altro: da una parte erano quasi lottizzati dai comitati elettorali in vista delle elezioni, prossimamente sarà lasciata l’iniziativa dei centri a poche persone che saranno in grado d’addossarsi la gestione di una associazione che gestirà questo o quel centro. Il punto è che ci siamo limitati alla gestione dell’ordinario: il sociale va del tutto ridisegnato».
La situazione è immobile: «al momento ci siamo impantanati», afferma il vice presidente Gasparutto, «basti pensare che per dare una stanza alla Consulta handicap abbiamo impiegato 4 anni ma a quel che mi dicono è stata affidata loro senza sedie né tavoli. Come a dire “pensate voi a tutto il resto”. Ma dargli una stanza non è una concessione: il luogo preposto per la consulta è un diritto, ci abbiamo messo quattro anni e nonostante questo gli è stato dato un qualcosa di neanche decoroso».
E dopo il Covid?
La questione è complessa: il municipio è in un impasse evidente e ovviamente la semplice gestione dell’ordinario non è riuscita a mettere in atto nulla di ulteriore rispetto all’oggettivamente stabilito. L’ammissione di non poter fare oltre è implicita dalle parti di Via Cambellotti. E questo non può essere un dato positivo, tutt’altro. Dalle parole di Gasparutto traspare un velato liberi tutti: mancano poco più di 11 mesi alla fine della consiliatura e dopo si andrà a casa, in attesa dell’indizione di nuove elezioni, coronavirus permettendo. Quel che è evidente è come sia saltato il rapporto istituzione-cittadino, già messo a dura prova nel corso dell’ultimo ventennio: «in questo periodo d’emergenza sanitaria – afferma Gasparutto – il municipio ha lanciato un appello alla mobilitazione delle associazioni, la risposta è arrivata solo da tre (3) realtà». Un risultato piuttosto misero, per utilizzare un eufemismo.
Il collante sociale è saltato e il Movimento 5 Stelle, che doveva porsi come principale interprete della ricomposizione della credibilità della politica, ha finito per celebrarle il funerale.
«C’è stata molta impreparazione e non troppa capacità di relazione con le realtà esterne e parallele al municipio – dichiara Gasparutto – il problema più grande è stato l’enorme potere tornato in mano ai tecnici: la politica, di fatto, ha svolto una funzione di gregario». Un po’ come quando il velocista, nel ciclismo, tira la volata e il gregario tiene il passo facendo la spola con l’ammiraglia per i rifornimenti.
Dal politicismo estremo che rimuoveva dirigenti se non affini alla propria linea, si è passati all’esatto contrario: «nessun dirigente vuole venire sua sponte all’interno del nostro municipio: chi è mandato qui viene a svernare perché sta per andare in pensione».
Si torna prepotentemente a riaffacciare la questione dell’ingestibilità di un municipio così vasto senza possibilità di avere una guida politica che possa dir la propria sulle questioni aperte e vive dei quartieri che lo compongono: la semplice gestione dell’ordinario non è in grado di mettere nulla in atto se non far emergere le contraddizioni già presenti. E che, tristemente, il coronavirus ha fatto prepotentemente emergere.
Marco Piccinelli
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