È ufficiale: con la variazione di bilancio del 15 luglio, il Campidoglio è pronto ad erogare i 10 milioni di fondi ministeriali per proseguire lo scavo della metro C. Le talpe meccaniche (TBM), dormienti da più di un anno sotto i Fori Imperiali, ripartiranno dunque tra pochissimi giorni, al netto di alcune possibili difficoltà geotecniche.
La vicenda.
Poco più di un anno fa lo scavo della tratta T3 San Giovanni-Colosseo giungeva al termine, ponendo il tema di cosa fare degli scudi meccanici. Se da una parte risultava impossibile estrarre le macchine sotto via dei Fori Imperiali, dall’altra non esistevano né progetti, né fondi per portare la linea almeno a piazza Venezia.
A valle di un lungo e difficile percorso burocratico il Ministero dei Trasporti ha annunciato nel dicembre 2019 la volontà di finanziare integralmente la prosecuzione dello scavo delle talpe, che si è concretizzata con la deliberazione n. 76 del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) a marzo.
Sebbene sembrasse la storia fosse giunta alla sua naturale conclusione, il doppio controllo di Roma Metropolitane e il Dipartimento Mobilità e Trasporti ha innescato una serie di rimbalzi interni al Campidoglio. Solo il 5 giugno la Sindaca si è espressa con un atto di giunta sulla volontà di proseguire la metropolitana ed il 15 luglio tale volontà si è concretizzata con la variazione di bilancio in Assemblea Capitolina.
Le talpe scavano, ma ancora senza una stazione
Grazie allo sblocco dei fondi le talpe ripartiranno a giorni e completeranno lo scavo nel giro di pochissimi mesi. Un’operazione che avverrà non senza difficoltà, visto in questo anno di stop il fronte di scavo si è “rilassato”, inglobando gli scudi fresanti delle macchine nella terra.
Al termine delle operazioni Shira e Filippa, questo il nome delle TBM, saranno quindi addormentate definitivamente e resteranno sottoterra in attesa della cantierizzazione della stazione di piazza Venezia che seguirà un altro iter.
La fermata “Venezia”.
È ormai praticamente certo che i fondi necessari per completare il quadro economico della stazione Venezia, già parzialmente finanziata nel 2014 col decreto “del Fare”, saranno richiesti il 31 ottobre nell’ambito del Fondo Nazionale 2020 per il Trasporto Rapido di Massa. La stazione disporrà di 3 accessi, oltre a numerosi cunicoli sotterranei che consentiranno il passaggio diretto dall’atrio alle biglietterie dell’Altare della Patria e di Palazzo Venezia.
Una stazione tecnicamente complicata, non tanto per il quadro archeologico in cui è calata, quanto per la profondità e la complessità dello scavo. Come previsto dal Piano Regolatore Generale, la linea C scambierà in futuro con la linea D che le passerà sotto. La predisposizione quindi dello scambio con la quarta linea comporterà la necessità di portare i diaframmi perimetrali della stazione fino a -85 metri rispetto al piano campagna: un vero e proprio grattacielo alla rovescia.
Il costo sarà di circa mezzo miliardo di euro, comprensivo dell’estrazione delle talpe meccaniche che rappresenta un’ulteriore complicanza tecnica che si sarebbe potuta risparmiare se la linea fosse andata avanti fin da subito.
Il ruolo del DL Semplificazioni e il commissariamento.
In questo quadro di forti incertezze, il costruttore Metro C scpa ha richiesto attraverso una missiva il commissariamento dell’opera per manifeste inadempienze da parte sia della stazione appaltante Roma Metropolitane (la quale deve 22 milioni di euro al consorzio costruttore, con un interesse di 4.000 € al giorno) che del Comune di Roma.
Il DL Semplificazioni, la cui valenza è bene ricordare è “salvo intese”, ha intanto individuato la sola progettazione (non la cantierizzazione ndr) della tratta T2 Venezia-Clodio/Mazzini tra le opere prioritarie.
Noi riteniamo che il Commissario in sé e per sé non possa rappresentare il deus ex machina tanto auspicato, soprattutto se a vestire tale ruolo sarà un profilo divisivo come quello della sindaca uscente. È al contempo evidente quanto sia necessario un netto miglioramento sia del contratto di appalto, che sarà rimaneggiato con i cantieri a Venezia, che dell’attuale meccanismo autorizzativo, diviso tra Roma metropolitane ed il Dipartimento Mobilità e Trasporti. In tale contesto la scelta politica di liquidare Roma Metropolitane non ha certamente aiutato.
Anziché un commissario riteniamo sia necessario istituire un Ufficio Unico Speciale sulle Metropolitane di Roma, che sintetizzi le funzioni sia di Roma Metropolitane che del Dipartimento, facendo capo all’Assessore ai Trasporti. Un accentramento di poteri e responsabilità che ricada quindi su un profilo politico già esistente, ma competente della materia.
Il rischio infatti è che la costruzione di una struttura ad hoc come del Commissario possa rappresentare l’ennesima scusa per non fare nulla in un’opera nella quale il fattore tempo è fondamentale.
È bene infatti ricordare che attualmente la linea C di Roma dà lavoro a più di 200 persone, tra operai, ingegneri e manovalanze specializzate. In passato, quando la tratta in costruzione era più lunga, erano impiegate 1.000 persone più un indotto di fornitori che faceva crescere il bacino fino a 3.000 lavoratori. Col termine dei lavori rischiamo quindi non solo di ritrovarci con una linea monca, ma di disperdere un entourage altamente specializzato.
In un momento in cui è necessario dare uno stimolo economico forte al Paese è perciò auspicabile che Roma riparta con la costruzione delle Metropolitane: non solo la linea C fino alla Cassia, ma anche la linea D ed il prolungamenti che si stanno cercando di cancellare a colpi di funivia e minimetrò.
Carlo Andrea Tortorelli
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