E’ famoso l’orologio che simboleggia la “Strage”. Quando questa parola, la Strage appunto, la scriviamo con un’iniziale maiuscola, ci riferiamo all’evento terroristico più grave ed efferato della storia del secondo dopoguerra italiano: la Strage neofascista alla Stazione Ferroviaria di Bologna Centrale del 2 agosto 1980; l’orologio è quello della stazione che si vede guardando in alto verso la parte sinistra del suo edificio principale.
E’ perennemente e volutamente tenuto fermo alle ore 10:25, ora in cui avvenne l’esplosione che distrusse l’ala sinistra della Stazione, quella delle sale d’aspetto, e che uccise 85 persone e ne ferì oltre duecento. Una durissima prova che la Città affrontò certo con uno sgomento sino a quel momento inconcepibile, ma anche con un’immensa forza d’animo, con una risposta prontissima di tanta popolazione civile che si offrì spontaneamente per i soccorsi e con un’organizzazione che immediatamente si mise in moto con efficienza e coordinamento tra i gli operatori sanitari, i mezzi di soccorso, gli ospedali cittadini, le forze in divisa. Indimenticabile l’utilizzo del bus urbano 37, guidato da Agide Melloni, la cui corsa arrivò in stazione poco dopo lo scoppio; dopo un primo viaggio per trasportare in emergenza i feriti, fu poi utilizzato per tutta la giornata per il compassionevole trasporto dei resti delle vittime e per lasciare le autoambulanze libere per chi aveva ancora anche un solo filo di vita.
Ma voglio aggiungere un secondo orologio, se così posso chiamarlo, nel rispetto più totale di chi dirò; segna l’immenso dramma umano, mai risolto, di una sopravvissuta alla strage, ma simbolicamente anche di tutti i sopravvissuti all’esplosione. Sono venuto a conoscenza di questa storia durante una delle udienze del recente ulteriore processo riguardante la Strage, tenutosi a Bologna tra il marzo del 2018 e gennaio di questo nostro 2020: il processo che ha visto l’ex NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari, organizzazione neofascista di quegli anni) Gilberto Cavallini imputato per Concorso in Strage, dichiarato colpevole e per questo condannato al suo nono ergastolo. Durante la sua arringa finale, l’Avvocato di Parte Civile dei Familiari delle Vittime, il dott. Andrea Speranzoni, ha ricordato la vicenda di una delle sopravvissute alla strage, sua assistita: aveva allora 11 anni e si trovava nel treno fermo al primo binario; l’esplosione la colse mentre guardava fuori dal finestrino; vide la sala d’aspetto sollevarsi di dieci metri e ricadere su se stessa. Emise un urlo straziante, un grido che da quel momento non ha mai smesso di prodursi a intervalli regolari. Questa oramai donna, da quel giorno puntualmente emette un urlo ogni quindici secondi. Nessun tipo di terapia è riuscita a rimuovere questa tremenda “cicatrice” che ha sfigurato la sua esistenza e l’ha costretta a subire diversi interventi chirurgici, per via della deformazione che i muscoli addominali e vocali nel tempo continuano a subire. Questo urlo si ripete quindi da quarant’anni. Ci tengo a dire che non scrivo di questo fatto per fare del tragico sensazionalismo, ma perché nella sua cruda ed atroce verità è metafora esemplare di un dolore che si perpetua, di una memoria che non si spegne nella carne e nella mente di chi c’era ma anche di chi ha la volontà e la forza, il diritto ed il dovere di coglierla, di farla sua e farne una ragione di giustizia sociale e politica.
L’orologio dei tempi lunghi è appunto arrivato al quarantennale della Strage, appena preceduto di poco più di un mese da un altro quarantennale stragistico, quello di Ustica. A Bologna il tempo non è stato mai ostacolo alla determinazione e al lavoro condotto dai familiari delle vittime e dai loro legali, dalla Procura della Città, per andare oltre le conclusioni raggiunte per gli esecutori già condannati, quantunque oramai scarcerati: i NAR Fioravanti, Mambro, Ciavardini; a cui, come detto, si è aggiunto Cavallini. Sta per avviarsi il processo ai mandanti, frutto di indagini che non hanno mai smesso di aggiungere nuovo materiale e nuovi nessi a quanto già noto da anni. Ma scrivo questo nel giorno in cui si scopre che gli ulteriori atti desecretati in base alla direttiva Renzi, risultano ancora essere pieni di omissis e di nomi coperti col bianchetto. Un vero e proprio bluff, come urlano i familiari delle vittime ed i superstiti. L’onda lunga delle menzogne, degli occultamenti e della violenza nera antica, non si spegne; addirittura si rinnova nell’attualità dei nostri giorni.
Proprio gli anni ottanta hanno segnato il giro di boa verso una stagione di decadenza dell’impegno diffuso verso la cultura sociale e politica, con un ripiegamento verso il privato e l’individualismo esasperato. A mio avviso la Strage di Bologna ha sancito questa svolta negativa della nostra storia. Ma alla Strage puntuale e reale di quel giorno, in quella Città, è seguita appunto una strage più lenta, continuata, estesa nei luoghi, non necessariamente e immediatamente “esplosiva”, a bassa intensità, ma non per questo meno violenta e mortifera, più sottilmente e pervasivamente distruttiva. Sotto le Torri delle nostre città tutte, c’è ancora tanta polvere e ci sono cumuli di macerie politiche e culturali da fronteggiare e da rimuovere. Il perpetuarsi degli occultamenti e degli omissis non è altro che il re ormai e sempre più nudo della fiaba. Basterà capire questo per voltare ancora pagina?
Mauro Caivano
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