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Movimento alla larga dalle stelle

La foto impostata a corredo dell’articolo è volutamente del 2014, di un’era geologica politica fa, verrebbe da dire, di quando Giuseppe – noto Beppe – Grillo era ancora il capo politico/megafono del popolo “giallo” e di quando le stelle avevano il significato che loro stessi avevano attribuitogli.
Neve al sole, sabbia stretta fra le mani di un bambino, tanto a livello nazionale quanto – soprattutto – a livello locale. Prima che approdasse in Assemblea Capitolina, il nostro Municipio annoverava a sedere tra i banchi dell’opposizione anche l’onorevole Fabio Tranchina: alle manifestazioni pentastellate si presentava sempre con un apriscatole di cartapesta, era il suo simbolo, perché il capo aveva detto “apriamo le istituzioni come scatole di tonno”.
Il problema è che non era chiaro chi avrebbe brandito l’apriscatole una volta giunti sul bordo della scatoletta di latta. L’arnese era evidentemente in mano all’establishment, o al tonno. Alla larga dalle stelle.

Tutti, ma proprio tutti, conoscono quel detto popolare che recita: dalle stelle alle stalle. Sarebbe a dire che passare dalla notorietà all’impopolarità è molto più facile di quanto non sembri. L’ambizione vanagloriosa spesso sfocia in quel che il detto chiaramente manifesta: in un attimo si è in cielo e in altrettanto breve tempo si finisce sotto terra. Il Movimento 5 stelle, nel caso del Municipio VI, è andato oltre le stelle ma superando anche le proverbiali stalle e staziona da tempo in un limbo al di sotto della crosta terrestre: al di là della comprensibilità politica e al di qua della credibilità.

Partecipazione
Già tempo fa il consiglio del municipio VI aveva approvato il regolamento «sulla partecipazione dei cittadini ai processi formativi della volontà municipale». Nascono formalmente le “Assemblee dei cittadini” anche nel municipio delle Torri: assemblee locali e centrali rappresentano l’ossatura della proposta. Il presidente delll’assemblea locale viene eletto direttamente dai partecipanti e resta in carica per 6 mesi ma, in pieno stile cinquestelle, non è possibile essere rieletti direttamente una seconda volta. La nemesi del secondo mandato. Qui, però, nel regolamento viene riportato quanto segue: non è possibile «essere immediatamente rieleggibili», quindi va anche bene candidarsi di nuovo ma bisogna saltare un turno, un po’ come al Monopoly. In prigione senza passare dal via, non si prendono neanche le ventimila lire (qui in redazione abbiamo un Monopoly d’annata). Centoventicinque persone è il numero minimo per la loro costituzione, bisogna essere residenti nella «stessa comunità e territorio» per esercitare il proprio diritto di voto e via dicendo. Potremmo continuare ma ci fermiamo qui: l’iniziativa è assai lodevole, finalmente la partecipazione dei cittadini di uno dei municipi più grandi di Roma è normata e ha potere sull’istituzione. Perché questo è quel che si comprende leggendo il regolamento: le assemblee devono poter essere ascoltate dalla politica locale.

A questo punto la domanda sorge spontanea: che ne sarà di tutte quelle proposte di iniziativa popolare per cui sono state raccolte da comitati promotori costituiti ad hoc decine o centinaia di firme per un preciso scopo? Nel corso degli anni la partecipazione popolare è stata sostanzialmente ignorata dai vari consigli municipali e giunte che si sono susseguite, siano esse capeggiate dal Partito Democratico che dallo schieramento di destra, da Forza Italia (poi Popolo della Libertà e di nuovo Fi) a Fratelli d’Italia, passando per le varie rappresentazioni post-missine che tanto fanno inciliegire le gote al ricordo di quei rappresentanti che ne hanno prima sconfessato l’appartenenza e poi igienicamente rivendicato.
Il punto è che già adesso le istanze cittadine, se protocollate, devono essere discusse dalla politica e dall’istituzione municipale ma vengono sostanzialmente ignorate. Nessun decisore politico locale ha mai discusso le iniziative popolari dei comitati promotori di cittadini regolarmente presentate presso gli uffici preposti di Via Cambellotti. Per quale motivo si deve burocratizzare un processo democratico esistente quando di fatto spesso non si vuole discutere niente che vada contro la parte politica ora al potere?

Trasparenza
Nel corso delle elezioni amministrative del 2016 il M5S ha potuto contare su una nuova e rinnovata forza che poteva dar sponda alle proprie istanze: settori del sindacalismo di base, in particolare di Usb, avevano approvato l’idea di una collaborazione non evidentemente dichiarata ma che poteva basarsi sulla forma di una sorta di “alleanza sociale”. O cose del genere.
Settori dello stesso sindacato presenti qui nel Municipio, poi trasmigrati nell’Sgb (Sindacato Generale di Base), ebbero addirittura l’iniziativa di proporre alla politica locale pentastellata di trasmettere ogni discussione consiliare e ogni commissione in streaming. Le istituzioni sono case di vetro, una vecchia tesi del M5S.  Dal blog di Beppe Grillo del 2013: «Il MoVimento 5 Stelle è un movimento di cittadini che non sono disposti a mediare sul principio fondamentale della trasparenza. Il palazzo dove la politica prende le decisioni in nostro nome deve essere una casa di vetro, nel quale le segrete trame e le trattative oscure non possano più trovare dimora». Lo streaming era il nocciolo duro del Movimento, esisteva anche un portale online che trasmetteva tutto quel che l’attivista digitale doveva conoscere in termini di manifestazioni, attività, assemblee. Il Movimento era: “La Cosa”. Sì, certo, era pieno zeppo di annunci tipo “come rassodare il tuo corpo con la papaya” o “non dire questo al tuo medico” e di titoloni da fake news ma che vogliamo farci: è il sistema, bellezza. Bisogna essere su Google e c’è da fare in modo che le nostre notizie siano ottimizzate affinché l’algoritmo della grande G arcobalenata sia in grado di dire quel che è corretto o scorretto posizionare ad inizio delle ricerche attraverso una parola chiave. E, però, “La Cosa” non esiste più.
Via anche lo streaming. Il Movimento è sempre quello dell’onestà che andrà di moda ma meno “casa di vetro”. Fateci governare, che importanza ha che ci vediate o meno mentre discutiamo? Stessa cosa anche per il Municipio VI: il progetto delle dirette salta quasi subito, ad inizio consiliatura, così come quello della casa di vetro.

Firme
Nel corso del mese di Novembre, in questo quadrante di Roma, il Movimento si è reso protagonista di un nuovo caso non proprio edificante. Il 13 novembre si è riunita in presenza la commissione politiche sociali del municipio in quanto il 2/11 la presidente Valentina Fabri Zuccarelli si è dimessa. Storia travagliata quella di una delle commissioni più importanti del VI Municipio: la Zuccarelli si era già dimessa a dicembre 2018 e a febbraio 2019 è stata successivamente e nuovamente eletta alla guida del tavolo istituzionale. La votazione del 13 novembre ha sancito Antonio Muzzone (M5S) presidente della commessione mentre Tassi (5S) e Gasparutto (Pd) rispettivamente vicepresidente e vicario. In quella votazione avrebbe dovuto esserci anche Colella, consigliere grillino, ma Stabellini è subentrato al suo posto firmando a fianco al nome di Colella, quel giorno assente per motivi di salute: «Non ho autorizzato nessuno a prendere il mio posto e a mettere la propria firma accanto al mio nome» – ha dichiarato Giancarlo Colella al portale ‘Roma Today’ – «Ho chiesto l’annullamento della votazione, della presenza del consigliere Stabellini ai fini legali e anche del gettone di presenza. Riservo azioni nei confronti del consigliere in altre sedi perché lo ritengo disonesto moralmente». Volano stracci e anche minacce di querele. In un clima da basso impero decadente, i grillini non hanno retto alla prova della convivenza, come due futuri sposi che decidono di andare a vivere insieme prima della vita sponsale. Nessuno dei due ha retto alla prova della democrazia liberale. Onestà e capitalismo non vanno d’accordo, specie per chi non vuole toccare le valvole del sistema economico che ci governa.

È come quando il tuo computer smette di funzionare e provi a smontarlo per ripararne le parti che non vanno più come dovrebbero: una volta aperto il retro ci si trova davanti ad un crogiolo di viti, collegamenti e connessioni sconosciute. L’unico pensiero che ti prende è “richiudiamo tutto, per l’amor del cielo, non vorrei fare un danno se poi il Pc non si accende più”.
Ma il computer continuerà a non andare e non s’è fatto nulla per ripararlo.

O muthos delòi oti (La storia racconta che) in qualsiasi modo ci si possa presentare come alternativi al sistema ponendo solo questioni di onestà o buon costume rispetto a “quello che c’era prima” è, di fatto, impensabile. O si rompe davvero, oppure si viene inglobati. Anche e soprattutto perché manca(va) una visione del mondo vera. Che poi sarebbe l’ideologia. Il Movimento 5 Stelle si è presentato agli elettori come l’alternativa di sistema per “aprire il Parlamento come una scatola di tonno” salvo poi ritrovarsi assieme alle sarde e agli sgombri impigliati tra le reti dei pescatori del tecnicismo e della burocrazia. Emblematiche le parole di Andrea Romano del Pd a riguardo: «Noi del Pd bbiamo la funzione dei fratelli maggiori del M5S: spieghiamo loro le cose, a volte ci mettiamo un po’ di tempo, però spesso lo capiscono».
Nessuna messa in discussione riguardo il debito di Roma Capitale, per cui la già commissaria straordinaria per il rientro del debito del Comune di Roma Silvia Scozzese dichiarò che «per il 43% delle posizioni presenti nel sistema informatico del Comune, non è stato individuato direttamente il soggetto creditore»; nessuna rottura con le amministrazioni precedenti se non di facciata; nessuna rottura con le politiche di privatizzazione ed esternalizzazione di servizi essenziali per la città.

Tutto come prima ma con le istituzioni democratiche percepite ancora più distanti a seguito dell’esperienza grillina. E con una mano di vernice arancione e rossa alla sede di Via Cambellotti.

Marco Piccinelli

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