Balaustrata di brezza
per appoggiare stasera
la mia malinconia
Pagina 31 del libro Vita di un uomo di Giuseppe Ungaretti.
Io mi sono innamorata così della poesia.
Pomeriggio. Sono in casa. Ho finito i compiti o forse non li ho fatti, non ricordo. Ho un nuovo libro sulla scrivania. Sfoglio. Leggo. Ho sedici anni. Le prime pagine sono belle. Ma ancora nulla. Nessun sussulto. Poi arrivo a pagina 31. Poesia: Stasera.
Leggo e mi innamoro.
Mi innamoro della poesia. Delle parole. Dell’assenza di punti, virgole e virgolette. Mi innamoro del suono delle parole. Mi innamoro del suono che le parole fanno dentro di me. Mi innamoro della pagina dove ci sono solo poche parole e poi tutto bianco, vuoto. Mi innamoro di quel vuoto da riempire.
Innamorarsi a sedici anni vuol dire lanciare tutta me stessa oltre. Oltre la ragione, la logica, la misura. La poesia mi aveva preso il cuore e me lo aveva restituito. Senza cambiare nulla. Semplicemente me lo aveva mostrato. A sedici anni, innamorata della poesia e senza nessuna vergogna. Anzi.
Il libro di Ungaretti è usato. Usato da me. Scritto, sottolineato, con le orecchie. Tutte cose che fanno inorridire i puristi del libro. Ma quel libro, per me, non è “un libro”. È il mio primo diario vero. Lì ho trovato cose che mi appartenevano. La poesia parlava di me.
All’inizio Ungaretti. Poi mille e mille altre poesie. Da Alda Merini a Ferlinghetti, da Spaziani a Hikmet, da Sylvia Plath a Szymborska
La poesia parla di me. Mi racconta. Mi trova ed io mi trovo in lei.
Poesia. Ed io ogni volta mi innamoro.
21 marzo: giornata della poesia – di Serena Damiani
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