Sì davvero un mistero. Buffo, forse, ma pur sempre un mistero.
Per una strana legge non scritta, la lirica, la danza, il teatro sociale, l’arte, il cinema d’autore sono compresi e capiti solo da persone che abitano in determinate aree urbane. Al di fuori, niente … non lo capiscono!
La cultura e l’arte, vorrebbero arrivare in zone periferiche, ma sono le zone periferiche che non vogliono cultura e arte!
Questo è quello che, dopo tanti anni di attenta osservazione, ho capito. In periferia è giusto fare poco. Pochissimo è meglio. Nulla è l’optimum. Intanto, in periferia, “certe cose non le capiscono! Non ci viene nessuno! La gente, vuole divertirsi!”
Per cui, se proprio dobbiamo fare qualcosa, facciamo qualcosa di “popolare”, dove popolare sta per “semplice, facile, disimpegnato”.
Ad esempio, leggo di una iniziativa contro il degrado, con stornelli cantati nelle piazze di periferia. Stornelli. Perché gli stornelli sono popolari. Gli stornelli, in periferia, li “capiscono”. Mi ricordo anni fa, di un tour teatrale in diverse periferie, tutto incentrato sulla storia del coatto romano.
Perché in periferia, la cultura è intrattenimento. È “passare un po’ di tempo”. Arte per divertirsi, “dimenticare un po’ le cose di tutti i giorni”.
E poi, ripeto, in periferia chi andrebbe a seguire un concerto di musica classica o uno spettacolo di teatro sociale o di danza?
Pochi. Forse all’inizio solo pochi cittadini. Forse.
Ma se mai si realizza, mai si conosce. Se non si conosce, non si sceglie.
Dario Fo portava il suo teatro nelle fabbriche. Noi nelle periferie, stornelli e spettacolo di intrattenimento.
Eppure nelle periferie abitano proprio tanti operai, cassaintegrati, sottoccupati, disoccupati. Cosa hanno di diverso da quelli ai quali si rivolgeva Dario Fo? È un mistero. Qualcuno, secondo me, ha sbagliato qualcosa. Io nel dubbio, rileggo qualche pagina di Mistero Buffo
di Serena Damiani
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