Ricorderete come hanno esordito Colapesce e Dimartino in quest’edizione tanto discussa del festival di Sanremo. La canzone non ha vinto ma ha spopolato sui social; non è risultata la più votata tra giuria demoscopica e altre parti in causa, ma ha più di 45 milioni di visualizzazioni su Youtube, ci è stato fatto un filtro su Instagram, il balletto dei due cantautori è praticamente virale. E poi, è già epico di per sé il solo fatto di recarsi nel tempio della musica leggera italiana per cantare: «Metti un po’ di musica leggera perché ho voglia di niente / anzi leggerissima / parole senza mistro / allegre ma non troppo». Una denuncia enorme, ma sottilissima, per continuare con il bisticcio tra agettivo al grado zero e superlativo iniziato dai due siciliani, portata in diretta tv. La canzone continua: «Metti un po’ di musica leggera nel silenzio assordante / per non cadere dentro al buco nero / che sta ad un passo da noi / più o meno».
Mai come in questo caso la musica leggera, anzi leggerissima, è una chiave di lettura per interpretare i fatti che stanno accadendo nel municipio. L’aria è quella dell’opportunismo politico più basso, condito da una salsa che non fa mai male nell’era della fine delle ideologie e del tecnico guaritore taumaturgo (Draghi o Monti, poco importa): la tifoseria.
Sì, perché, se da un ventennio la politica alta, quella dei palazzi, ha risentito del colpo di coda del berlusconismo e poi del personalismo, dunque del renzismo, quindi dell’interesse particolare che prevale sul generale (cioè tutti noi) qui in periferia la questione si è accentuata ai massimi livelli. Solo che siamo ad un gradino più in basso: non ci sono grandi soluzioni se non quella rappresentata dalla tifoseria sterile. Chi sta sulle curve, di solito, parteggia acriticamente per una causa quale che sia, purché vedano segnare i loro colori del cuore.
Il problema è se due tifoserie, che dovrebbero contrapporsi, in realtà sono l’una alleata dell’altra: entrambe sono dirette ad un unico obiettivo e che corrisponde effettivamente agli interessi di parte dei due capi tifosi, uomini o donne che siano.
Il buco nero sta ad un passo dal Municipio con i più alti tassi di disagio sociale di Roma, ed è per questo che continua a suonare una musica leggera – anzi leggerissima – sulle sterili contese di libri e di silenzi assordanti, da una parte e dall’altra.
Perché poi ci sarà sempre chi dirà, rivolti a questo giornale, che “quelli là” dicono cose senza senso e che stanno zitti quando c’è invece da parlare. E invece quel che scriviamo ha sempre un significato logico. Anche se spesso c’è da leggere tra le righe. Anche se siamo gli ultimi Jedi, come quelli di Star Wars.
Che poi, alla fine, nonostante ogni situazione avversa, salvano il culo a tutti.
Pepito Sbazzeguti
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