Venerdì 10 novembre è stata presentata «la nuova app del municipio VI di Roma» ovvero, stando al comunicato diffuso anche sul sito di Roma Capitale: «uno strumento che mette a disposizione dei cittadini informazioni sui servizi del Territorio e realizzata gratuitamente da due giovani residenti, con il Patrocinio del Municipio Roma VI delle Torri». Chissà perché poi patrocinio scritto con la maiuscola (per non parlare dell’indicatore ordinale sul numero romano…). Ma il punto non è ovviamente grafico-linguistico quanto piuttosto attorno al mezzo in sé.
Stando alla pubblicità diffusa in un video messaggio dal Presidente Nicola Franco, il municipio Roma VI utilizzerà come «strumento ufficiale» un’applicazione «ideata da due cittadini di questo territorio che hanno offerto in maniera gratuita [all’istituzione] questa applicazione».
Il nome dell’azienda che ha realizzato e sviluppato «Sesto» si chiama “Meta different“, ha sede in via Conti, dunque genuinamente appartenente alle torri. Stando a quanto detto dal Presidente, l’applicazione sarebbe stata fornita gratuitamente all’istituzione municipale.
Parrebbe di capire che l’oggetto in questione verrà utilizzato come estensione di pubblicazione di comunicati ufficiali del municipio, diffusione di materiale e comunicazioni istituzionali nonché per «informazioni territoriali», così come affermato dal Presidente Franco in un video pubblicato sulla sua pagina Facebook. In realtà sul sito dell’applicazione si parla di notizie riguardo il Comune «anche aggregabili da fonti esterne». In che modo si sceglierà una fonte anziché un’altra? Si lascerà alla selezione spietata di Google News?
Se l’utente vorrà scaricare «Sesto» non avrà costi, ma l’azienda che voglia desiderare di sfruttare la propria presenza sull’app potrà farlo solo iscrivendosi sottoscrivendo un pacchetto: si parte dal piano base da 197€ fino ad arrivare a quello più oneroso (denominato «Professional») da 497€. Soldi che non andrebbero al municipio, ovviamente, a meno di clamorose smentite. Il cittadino potrà dunque visualizzare le aziende che hanno sottoscritto il piano con “Meta different” ma non chi non lo ha fatto.
Una selezione censitaria non da poco.
L’azienda di via Conti si troverebbe nella posizione a metà tra l’essere vettore della comunicazione istituzionale del Municipio e ordinaria azienda privata del territorio con le sue commissioni, i propri lavori e via dicendo. Una posizione ragguardevole per cui verrebbe da chiedersi che fine abbia fatto la comunicazione istituzionale del municipio e per quale motivo non si sia attuata una soluzione che facesse davvero avvicinare il cittadino a via Cambellotti, piuttosto che dirottarlo su di una app esterna.
C’è anche un’altra “idea geniale”: quella di sfruttare l’applicazione per poter promuovere iniziative commerciali-digitali come i concorsi a premi. Ce n’è già uno che scade il 19 novembre [2023]: il «Sesto Concorso» per cui il premio più ambito è una carta regalo del valore di 1.000€ da spendere nei negozi del centro commerciale “Roma Est”. Il regolamento prevede che un utente si debba registrare sul sito dell’app e che debba accumulare punti. «I punti possono essere guadagnati in diversi modi», si legge. Come?
«Condividendo il concorso sui social media: Ogni volta che condividerete il concorso sui social media, riceverete un certo numero di punti; completando azioni personalizzate: L’organizzatore del concorso può creare azioni personalizzate che i partecipanti possono completare per guadagnare punti. Ad esempio, l’organizzatore potrebbe chiedere ai partecipanti di guardare un video, seguire l’organizzatore sui social media o iscriversi alla newsletter».
Attività digitale passiva, gratificazione da like ma anche obbligo di entrare all’interno di un circolo di interazioni che porterebbe l’utente ad accumulare punti per poter prendere parte al concorso (e magari vincerlo). Guardare un video: creare interazione, far monetizzare chi ha creato quel contenuto. La persona cessa di essere cittadino abbracciando finalmente la condizione liberoscambista di utente e solo dopo quella di consumatore-cittadino, anteponendo il consumatore all’essere parte di una comunità. Spendo ergo sum. Altroché cogito, penso.
E chissà che fine faranno quei dati delle registrazioni, quelli generati dalle interazioni, dalle visualizzazioni e dalle condivisioni a partire dall’applicazione, nelle mani di chi finiranno, dove verranno archiviati e per quanto tempo.
In fondo, la periferia aveva bisogno di un’app. La vita diventerà un grande contest cittadino e municipale. E magari per andare a fare la spesa si dovrà passare sotto al giogo del “like” o di una condivisione. Le forche caudine della connessione obbligatoria. Si dirà che è il mondo che sta avanzando, che bisogna stargli dietro a tutti i costi, che la connessione è inevitabile per una periferia finalmente connessa (o sarebbe più corretto dire “povertà costretta”?) e che non è impoverimento culturale ma il nuovo che avanza.
Dal giorno prima, sicuramente.
Marco Piccinelli
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